martedì 5 aprile 2011

Nick Kent: Sex, more drugs and rock'n'roll

"Se uno ci pensa, la memoria umana è uno strumento troppo ingannevole per farvi affidamento. Man mano che gli anni incedono, la realtà di ciò che è stato si confonde con le fantasie su ciò che avremmo voluto che fosse, e non si può mai essere davvero sicuri che sia proprio la nuda verità ad essere evocata". Inizia così, quasi mettendo le mani avanti sulla veridicità del contenuto, "Apathy for the devil", l'autobiografia irregolare di Nick Kent, firma storica del New Musical Express e testimone diretto - quando non addirittura protagonista - della scena musicale britannica degli anni Settanta. La golden age del rock, quando gli "Dei dorati", le rockstar nel pieno della loro sfavillante giovinezza, camminavano fra noi. E facevano a pezzi backstage e camere d'albergo, giravano con codazzi di groupie dagli occhi di cerbiatto, scrivevano canzoni memorabili e assumevano quantità industriali di sostanze psicotrope d'ogni gamma e colore. A far a gara con loro in nefandezze ed eccessi - i sensi perennemente acuiti o ottenebrati dalla chimica - c'è un giornalista allampanato e appena ventenne, dalla naturale inclinazione ad emulare i comportamenti autodistruttivi dei protagonisti dei suoi pezzi. Arrogante ed edonista, Kent è campione di quel giornalismo che non si limita a registrare eventi con distacco ma vive, respira, tocca con mano - e spesso distrugge - la materia stessa di cui sono fatti i suoi articoli, le sue recensioni. Il rock'n'roll. Lo ha imparato direttamente da Lester Bangs, guru del nuovo gonzo journalism alla Hunter S. Thompson e icona irriverente della contro-cultura a stelle e strisce, penna feroce di Rolling Stone, Creem e Village Voice e tossico senza speranza, le cui pericolose abitudini finiranno per condurlo precocemente sei piedi sotto terra. Come Bangs (la sua prosa vulcanica è raccolta nell'antologia postuma "Psychotic Reactions and Carburetor Dung" curata da Greil Marcus nel 1984 per Knopf e tradotta anche in Italia nel 2005 da Minimum Fax col titolo “Guida ragionevole al frastuono più atroce”), Nick Kent esplora il rock e le sue trasgressioni dal di dentro, where the action is, spalla a spalla con le rockstar junkie del periodo - la dipendenza e i vari tentativi di riabilitazione ne saranno lo scomodo lascito, ora superato dopo un'odissea terapeutica e personale - e ne restituisce tutta la carica esplosiva attraverso una scrittura graffiante, ironica e non convenzionale. La sua prima intervista nel giro che conta, quello dell'NME, è nel 1972 agli MC5 - eroi hard rock della scena di Detroit insieme agli Stooges - ed è sempre in una sera dello stesso anno che si ritrova ad essere uno dei tre spettatori e mezzo (gli altri sono Viv Prince, l'ex-batterista dei Pretty Things e un Hell's Angel col suo cane) sempre ad un concerto del quintetto della Motorcity. Il suo destino è segnato. Proprio come quello di Bangs che, manco a dirlo, esordì con una stroncatura di "Kick Out the Jams". Nelle sue scorribande, Kent inizia a dividersi strisce di polvere bianca con i Led Zeppelin, diventa amico prima di Iggy Pop e dei Rolling Stones e poi di Chrissie Hynde (che gli spezza il cuore) e dei Sex Pistols. Finendo nell'abisso dell'apatia che dà il titolo al libro (preso a prestito da una feroce battuta di Dylan sulla celebre "Sympathy for the Devil" degli Stones). Certo, oggi la sua scrittura si è fatta più lucida e disincantata, quasi che la nebbia chimica, il glamour e l'urgenza anfetaminica che ne dominavano lo stile negli anni 70 (leggere, per credere, la sua prima raccolta di scritti "The Dark Stuff", Penguin, 1994) si fossero sedimentati, lasciando trasparire in controluce la trama decadente, l'anima nera dei Seventies e il loro carico di cinismo, droghe pesanti e individualismo perfettamente mascherati nel celebre motto Sex, drugs and rock'n'roll. Ma è una lettura ancora sorprendente, quella del libro di Kent, da conservare sul comodino come un breviario di saggezza r'n'r: i lettori - e anche qualche addetto ai lavori - potrebbero forse scoprire la distanza siderale che separa la letteratura rock dalla sussiegosa pseudo-critica fatta di cartelle stampa rimasticate e pagine di wikipedia mandate malamente a memoria.

Nick Kent, "Apathy for the devil - Memorie dagli anni Settanta", Arcana, pagg 319, €19,50

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